Un fatto che ha cambiato molte modalità di lavoro.

In Italia è arrivata tardi, ma si è sviluppata così in fretta che purtroppo molte aziende, pensando di trovare nella “scatola magica” tutte le soluzioni, hanno bruciato il tempo della sua progettazione a vantaggio di una introduzione spesso frenetica che è andata a scapito dell’adeguamento relazionale.

Un poco alla volta si sta però consolidando l’opinione che la tecnologia digitale sia solo uno strumento, il cui uso va filtrato e gestito dalla cultura specifica e anche da quella generale.

Purtroppo questa introduzione è più veloce della nostra capacità di adeguamento.

Oggi l’impresa si trova di fronte a uno scenario in continua evoluzione.

L’inserimento nei vari processi di lavoro delle tecnologie digitali, dovrebbe favorire il mantenimento della propria forza sul mercato, aumentando così le opportunità di crescita. Tutto abbastanza condivisibile.

Ma l’uomo, pensando al ruolo dell’intelligenza artificiale si sente ancora al centro della propria vita?

Quanto valore ha la sua esperienza? Si sente partecipe di questa trasformazione?

Sono fortemente convinto che questo “cambiamento” sia un fatto “epocale” che debba passare attraverso l’impegno del singolo, ma sempre come protagonista all’interno delle specifiche strutture sociali di riferimento.

E l’azienda è una di queste, come la famiglia.

In Italia, questa trasformazione, per essere vincente, ha bisogno come è già successo in altri periodi storici di un filtro umanistico e artistico, non solo di aggrapparsi all’introduzione frettolosa di “nuovi mestieri”.

Scritto da: Claudio Frasson

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